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Interviste |
Pubblicato il 25/12/2008 alle 23:02:06 | |
Diva Scarlet: giudicate dalle apparenze, ma che non ci sia più silenzio
Dal vivo sono una vera forza della natura. Dure, irruente, ruvide, ma al tempo stesso dolci e amanti della melodia. Parliamo delle Diva Scarlet. Il gruppo ha pubblicato “Apparenze”, il primo cd, 4 anni fa. Ora è arrivato il nuovo “Non + silenzio”.
Dal vivo sono una vera forza della natura. Dure, irruente, ruvide, ma al tempo stesso dolci e amanti della melodia. Parliamo delle Diva Scarlet. Il gruppo ha pubblicato “Apparenze”, il suo primo cd, 4 anni fa. Ora è arrivato il nuovo lavoro: “Non + silenzio”. Le Diva Scarlet vengono da una lunghissima gavetta tra numerosi palchi di club e festival musicali (Indipendence Day e Tora! Tora!, solo per citarne alcuni). Le quattro rocker, comunque, non hanno perso il “vizio” e girano ancora per l’Italia e l’estero. La line up tutta al femminile (Sarah alla voce e alla chitarra, Cecilia alla chitarra, Camilla al basso e Ursula alla batteria) è arrivata casualmente, cercando persone disposte a confrontarsi nella creazione di pezzi propri. Abbiamo incontrato le Diva Scarlet per conoscere meglio il loro mondo.
Come siete venute allo scoperto?
«Siamo nate a Bologna. Abbiamo cominciato da subito a suonare pezzi nostri, esibendoci ovunque. Graziano Cernoia, fonico dell’Estragon, ha creduto in noi e ci ha fatto crescere sia umanamente che artisticamente. Alcune canzoni sono nate da lunghe discussioni. Poi, una volta registrato il materiale, ci siamo presentate da Valerio Soave della Mescal».
Perché vi chiamate Diva Scarlet?
«Il nome “Diva Scarlet” ci fa pensare a quelle dive di altri tempi come Marlene Dietrich e Sofia Loren. Dive molto raffinate, ma anche molto femminili. Scegliendo questo nome, noi vogliamo esprimere l’intenzione di questa diva, ma anche la passionalità, la grinta, l’ambizione. Ecco, vorremmo mettere tutto ciò nella nostra musica. Le canzoni di “Apparenze”, il nostro primo album, parlavano essenzialmente del nostro vissuto dai 17 ai 20 anni, con testi incisivi e basi graffianti molto potenti. Non ci piacciono le donne che urlano e basta».
Quali cambiamenti ci sono stati nella realizzazione del nuovo album “Non + silenzio”?
«E’ cambiata la nostra formazione, perché è arrivata Ursula alla batteria. E poi abbiamo dovuto studiare un modo per superare gli scogli della discografia, che oggi purtroppo continua a essere in crisi. È stato così che, per mettere alla luce i 13 brani di questo album, abbiamo deciso di autoprodurci, andando anche in cerca di nuovi canali di distribuzione. Naturalmente, in questi anni, è mutato anche il nostro gusto musicale: di conseguenza, quando si è trattato di scrivere i nuovi pezzi, abbiamo dovuto cercare tra di noi un punto di incontro».
Ho apprezzato molto la vostra scelta di scrivere testi in italiano: in questo Paese è una cosa tutt’altro che scontata…
«E’ vero. Definiamo la nostra musica come un rock con sonorità anglofone, ma con la melodia italiana: una bella scommessa! Per quello che ci riguarda, molti spunti nella cura delle liriche sono venuti dall’ascolto di artisti come Carmen Consoli, i Marlene Kuntz e Manuel Agnelli degli Afterhours. Abbiamo cantato in italiano anche durante un nostro recente tour in Olanda, e il pubblico ha apprezzato!».
A proposito di live, io vi ho sentito suonare a Pescara, qualche anno fa. Ricordo che proponevate anche alcune cover, dandone una rilettura molto personale…
«La nostra intenzione è sempre stata quella di dare una faccia nuova alle cover, che provengono comunque dalla nostra formazione musicale. Se la cover rispecchia esattamente il nostro stato d’animo, la teniamo così: è successo, ad esempio, con un brano di Patti Smith, che abbiamo suonato alla stessa maniera dell’originale. Altrimenti, abbiamo sempre cercato di adattare il pezzo a quello che è il nostro stile, il nostro sound».
Cosa ne pensate della televisione? Nel brano “Apparenze” parlate di “Promesse mutilate di pubblicità, immagini addolcite con acerba voluttà per essere gradite nei salotti a gas”. È un attacco al piccolo schermo?
«Sì. Le persone sono anestetizzate da futili programmi televisivi. In più, c’è una profonda discrepanza tra ciò che ci mostra la pubblicità e come stanno veramente le cose. Ma, in generale, è tutta la società che tende a sterilizzare la mente della gente. I sogni e le ambizioni sono valori ormai estinti in una realtà sempre più rigida. Un po’ quello che sosteniamo anche in “Emozione statica”: l’uomo produce, lavora, consuma e non ha più spazio per le proprie emozioni. Si trova a vivere di ricordi invece di crearne di nuovi. È sempre un problema di apparenze. Sicuramente entrambe le canzoni sono due facce della stessa medaglia: “Apparenze” è molto più aggressiva, “Emozione statica” parla della diseducazione alla propria emotività».
“Doppia identità”, invece, critica il finto perbenismo borghese?
«No, è un brano contro la prostituzione. C’è chi non ha potuto scegliere e chi tutte le notti sceglie di incrementare un vergognoso mercato umano. I colpevoli per noi sono gli sfruttatori».
La sensibilità sociale traspare anche nella title track di “Non + silenzio”…
«Quella canzone, intitolata appunto “Non + silenzio”, parla di donne e bambini che sono vittime di violenza domestica. Si tratta di un tema a noi molto caro, tanto che come Diva Scarlet ci siamo impegnate a collaborare con l'associazione ‘La casa delle donne per non subire violenza’, ma anche con Amnesty International».
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