Musical NewsMusicalNews
  Cerca

MusicalNews: le notizie che gli altri non hanno! - real news by true fans for hot peopleCOLLABORA CON NOI
 Editoriale
La tutela del prodotto autoctono: la polemica su Mogol e le quote di musica italiana..
 

www.fanzine.net
 Interviste
•07/03 - Sage, Croazia e storia.
•05/03 - Wyatt Earp: pistole, alcool e rock'n'roll!!
•03/03 - Dalla Russia una gelida folata di Heavy Metal…
(altre »)
 
 Recensioni
•23/03 - Trespass Footprints in the Rock (Mighty Music) – Il ritorno della NWOBHM…
•22/03 - World Theater Masterpiece, sigle e anime secondo Jean Pierre Colella
•20/03 - Andrea Andrillo: Uomini, bestie ed eroi
(altre »)
 
 Comunicati
•22/03 - Tecla Insolia il 23 marzo a Gulp Music (Rai Gulp)
•22/03 - Fanoya, il secondo singolo è Torno giovedì
•20/03 - La cantautrice ternana Daria pubblica il nuovo singolo Prima di Partire, definita una ballad rock ....
(altre »)
 
 Rumours
•22/03 - Sucker, il nuovo singolo che segna il ritorno dei Jonas Brothers dopo 6 anni di silenzio
•20/03 - Sfera Ebbasta, ad aprile i genitori entrano gratis ai concerti
•19/03 - Morgan apre la rassegna A tu per tu con...al Teatro Golden di Roma
(altre »)
Interviste
Pubblicato il 01/08/2006 alle 12:38:54
Alan Parsons: parla l'Orson Welles del rock
di Paolo Ansali
Alan Parsons visto da vicino colpisce per la sua mole, sembra Orson Welles hippie, con capelli e barba lunga... Una breve intervista e un ricordo di Syd Barrett.

Sulla porta del camerino campeggia l’occhio egizio e la scritta “Alan Parsons dressing room”. Sembra di entrare in una piramide. La nostra missione è intervistare l’uomo che ha registrato “Dark side of the moon” e ha poi dato vita a indimenticabili dischi di raffinato pop-rock. Alan Parsons visto da vicino colpisce per la sua mole,
sembra Orson Welles hippie, con capelli e barba lunga. Non a caso il leggendario cineasta americano prestò la sua voce allo splendido album dedicato a Edgar Allan Poe, il primo capolavoro targato AP Project, nel 1976. Parsons divide i camerini con la band e Lisa, tour-manager e giovane compagna. E’ ancora provato dalla canicola romana quando risponde con garbo ad alcune domande. Rimane alquanto impassibile e impenetrabile mentre risponde con voce calma. La serata al Foro Italico scorre perfetta, un pubblico di appassionati, pochi ma buoni, che conosce bene non solo “Eye in the sky” ma le varie “Limelight”, “Don’t let it show”, “Time”, "The raven" e “Old and wise”, eseguite con intense versioni. Il Project live è sempre più affiatato. Spiccano il veterano Godfrey Townsend alla chitarra, che non è parente di Pete ma ha suonato a lungo con John Entwistle, e il vocalist Pj Olsson. Degni di nota anche Steve Murphy (batteria, voce), John Montagna (basso, voce)e Manny Focarazzo alle keys. Parsons, ha il ruolo di regista e direttore d’orchestra. La sua prestigiosa firma è da oltre trent’anni un marchio DOC che affascina e incanta.

Come sono cambiati i tuoi dischi recenti senza l’apporto fondamentale di Eric Woolfson nei testi e nelle musiche.
AP: Non avere più Eric nella band ha comportato dei notevoli cambiamenti, senza di lui non puoi aspettarti che le cose siano le stesse, ma credo che il sound di Alan Parsons sia ancora presente, magari con un diverso tipo di canzoni, più elettronico.

Come mai negli anni storici del Project non ci sono stati concerti?
AP: E’ una domanda che mi fanno spesso, perché prima non suonavo live ed ora sì. La tecnologia applicata alla musica ha iniziato a evolversi nei primi anni ‘90 e questo ha facilitato le cose. Nel nostro ultimo album “Gaudì” ad esempio, era molto difficile riproporre alcune delle parti orchestrali.

In “Valid path” troviamo David Gilmour come ospite, se in contatto con altri componenti dei Pink Floyd?
AP: Ho avuto modo di vedere Nick Mason, quando mi ha chiesto del materiale per la sua biografia. Con David non c’è stata una collaborazione fattiva, abbiamo fatto più che altro uno scambio di file sul brano.

Parliamo della scomparsa di Syd Barrett, hai avuto modo di conoscerlo in quegli anni?
AP: Ho saputo della sua morte mentre eravamo in tour in Spagna. L’ho conosciuto durante l’incisione di "The Madcap luaghs" dove ero assistente di studio. Lavorare con Syd era davvero difficile, era sempre su un altro pianeta. Aveva bisogno di suonare con chi lo poteva capire e avesse fiducia nella sue capacità. E’ triste. Penso che abbia trascorso buona parte della sua vita senza sapere dove fosse e chi fosse.

Quanto ha influito nella tua carriera l’enorme fama di “Dark side of the moon”?
AP: Ogni cosa è stata importante perchè ha cambiato gli eventi futuri. Iniziare a lavorare a Abbey Road con i Beatles. “Dark side” è stato fondamentale perché mi ha permesso di diventare produttore, ho avuto un paio di hits e infine è arrivato Eric, dando vita al gruppo.

In “Don’t answer me”, uno dei classici del Project, c’è un omaggio al sound di Phil Spector. Quali sono stati i tuoi producer preferiti?
AP:Devo dire che inizialmente l’arrangiamento di quella canzone era ben diverso, suonava più come qualcosa degli Abba! Oltre a Spector direi Norman Whitfiled, dei Temptions, e George Martin…of course!

Stai lavorando a qualcosa di nuovo, forse una colonna sonora?
Ho collaborato di recente ad una soundtrack di un film intitolato “5-25-77”, diretto da
Patrick Read Johnson, una storia ispirata alla visione di “Star Wars” e agli effetti speciali. Sto ultimando anche la mia biografia, ma non so quando sarà pronta.

 Articolo letto 12567 volte


Pagina stampabile