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Recensioni |
Pubblicato il 24/09/2000 alle 00:00:00 | |
Steely Dan Live At Wembley Arena
STEELY DAN LIVE
Wembley Arena 9 Settembre 2000
Allora è proprio vero, sono di nuovo in scena davanti agli occhi di un pubblico europeo entusiasta che ha riempito in ogni ordine di posti la mitica Wembley Arena di Londra. Dopo aver consumato le date di una lunghissima tourné, iniziata in Giappone nella prima metà di quest’anno e proseguita poi per quasi tutte le città più importanti degli Stati Uniti, gli Steely Dan sono approdati in Europa per regalare ai loro fans, vecchi e nuovi, una scaletta completa di brani “storici” che li hanno resi famosi, insieme con quelli del loro nuovo lavoro Two Against Nature uscito alla fine di febbraio. L’attesa per quest’evento si poteva sentire nell’emozione palpabile da parte di un pubblico eterogeneo in fila ordinata all’ingresso dell’arena che comprendeva cinquantenni infaticabili con prole al seguito memori delle loro prime imprese discografiche anni settanta, trentenni appassionati catturati dal suono pop/jazz dei loro lavori più famosi quali Aja e Gaucho dei primi anni ’80 e giovanissimi intrepidi sfuggiti alle maglie dello showbusiness attuale impressionati dal carisma e dalla bravura indiscutibile dei due istrioni Walter Becker e Donald Fagen, riemersi prepotentemente dalle ceneri dopo venti anni di silenzio discografico. La band di 13 elementi, tutti con un invidiabile curriculum artistico è composta, oltre ovviamente che da a Fagen al Piano elettrico e da Becker alla Chitarra, da Ricky Lawson alla batteria, Tom Barney al basso, Ted Baker al Pianoforte, John Herington alla chitarra, Cornelius Bumpus al Sax baritono, Bob Sheperd al Sax Tenore, Michael Leonhart alla tromba, Jim Pugh al trombone e le splendide Victoria Cave, Carolyn Leonhart e Cinthya Calhoun ai cori. Il concerto inizia alle 20,15 con una versione inaspettata e possente di The Boston Rag e il pubblico capisce subito che questo sarà un evento da tenere stretto nella memoria. Seguono Bodhisattva (grande Ted Baker!) e l’inattesa Night By Night dove le evoluzioni solistiche di John Herington scaldano la platea e ci rassicurano del fatto che la qualità è sempre al primo posto nei concerti degli Steely Dan. West Of Hollywood, tratto dall’ultimo album, fa da ponte con il classico Josie ed un grande solo di batteria di Ricky Lawson e poi Black Friday, Daddy Don’t Live in That New York City No More (cantata da Becker!), Home At Last, Jack Of Speed e Hey Nineteen con il primo solo di sax dell’ottimo Bob Sheperd. Si va al riposo (e alle birre!) con la sensazione che il primo set sia volato via in un attimo. I circa 15 minuti che ci separano dal secondo set, se ne vanno tra commenti entusiasti e frenesia d’attesa per il secondo che finalmente arriva introdotto da un omaggio al grande Henry Mancini con un arrangiamento del brano “Session at Pete's Pad” tratto da Peter Gunn che prende forma quasi in sordina con i musicisti che si aggiungono uno dopo l’altro fino a raggiungere di nuovo sul finale l’assetto completo ed introdurre due grandi classici degli Steely Dan, Deacon Blues e Babylon Sisters, come al solito cantati insieme a tutto il pubblico dell’arena; Fagen ogni tanto si alza dal Fender Rhodes per lasciare il posto a Ted Baker e per evidenziare i finali delle canzoni con piccoli salti e sbracciandosi proprio come una vera rockstar, si diverte molto e si vede. Mette la tastiera a tracolla e Cousin Dupree può iniziare; E’ un pezzo divertente che fa respirare il pubblico in attesa del set finale che comprende Monkey In Your Soul, ancora cantata ottimamente da Becker, Dirty Work, un pezzo memorabile stavolta cantato a turno dalle coriste e con un notevole assolo di tromba di Michael Leonhart, e poi le classiche Peg, Kid Charlemagne e Don’t Take Me Alive a preparare il “Thank You! Good Night” che non avremmo mai voluto sentire. Il conseguente richiamo assordante del pubblico, ormai totalmente affamato di un bis che strappi via le ultime energie rimaste, genera due pezzi: My Old School, nel delirio canoro assordante dell’arena che canta tutto il testo come se si trattasse di God Save The Queen e FM, brano lunghissimo e conclusivo per una serata indimenticabile che lascia, come al solito qualche rimpianto per i brani mancanti ma che segna, senza ombra di dubbio, l’ennesima conferma che gli Steely Dan sono di nuovo on the road come una volta, come sempre, liberi di stupire, divertirsi e farci divertire.
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