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Pubblicato il 01/03/2011 alle 04:53:06
Pivirama e Shana Morrison al The Place (Roma, 16/2/2011)
di Alessandro Sgritta
La prima tappa del tour italiano di Shana Morrison (figlia del grande Van) con i Lou and The Blues il 16 febbraio scorso al The Place di Roma, è stata aperta dai Pivirama di Raffaella Daino, qui in trio con Veronica Giuffré (violino) e Renz (piano).

In una piovosa serata romana di metà febbraio e di metà settimana (era mercoledì), agli appassionati di musica che hanno scelto di non rimanere a casa a guardare la partita della Roma o la seconda giornata di Sanremo, la Capitale ha offerto una ghiotta alternativa: il concerto di Shana Morrison, inserito nel fitto e variegato calendario del The Place, storico live-club nel cuore della città. Quella di Roma era la prima tappa del mini-tour italiano (a cui sono seguite Arezzo, Grosseto, Siena e Livorno) per la figlia ed erede musicale del grande Van Morrison, appena arrivata dagli States e in grandissima forma nonostante il jet lag e la stanchezza, accompagnata da una eccellente band di musicisti toscani (di Siena per la precisione), la Lou and the Blues band.

Prima della star californiana però è toccato all’affascinante creatura sonica della songwriter palermitana di nascita e ormai romana d’adozione Raffaella Daino (nella foto in alto), reduce da una serie di riconoscimenti come la vittoria del premio della critica al Premio Augusto Daolio di Sulmona e la partecipazione al Live Aid italiano, aprire la serata sul prestigioso palco del The Place, presentata a sipario chiuso dal padrone di casa, Michele Bellucci, nuovo direttore artistico del locale che per questa serata ha voluto coraggiosamente affiancare le sonorità psycho-rock dei Pivirama a quelle blues-pop della Morrison, accostando due voci diverse e separate da un oceano, ma per certi aspetti affini, con un risultato che il (pur non numerosissimo) pubblico in sala non ha mancato di apprezzare.

Con la sua immancabile Fender telecaster e le paillettes ad avvolgere le sue braccia sottili così come l’asta del microfono, la Daino ha iniziato il suo set quando erano da poco passate le 22, ripercorrendo nell’arco di 25 minuti il repertorio musicale di 10 anni di carriera: quattro brani arrangiati per l’occasione in chiave soft-rock, accompagnata dal violino di Veronica Giuffré, giovanissima ma talentuosa e versatile musicista di estrazione classica, perfettamente a suo agio a fianco della rocker, e dal piano di Renz, ormai da 3 anni una colonna portante del versante romano del progetto Pivirama (a sinistra nella foto qui sotto).



Si comincia con “I love u”, da In My mind, secondo lavoro dei Pivirama, (uscito negli Usa ma anche in Italia con la nostra Udu Records) a cui il trio aggiunge una versione particolarmente psichedelica di “Set the Controls for the Heart of the Sun” dei primi Pink Floyd (tratta da “A Saucerful of Secrets” del 1968, ultimo album con Syd Barrett e il primo con la chitarra di David Gilmour). Un omaggio e un tributo che intende evidenziare la passione della band per il sound psichedelico degli anni 70. Il mini concerto prosegue con una versione sospesa e soffusa del brano forse più sognante e liquido nel repertorio dei Pivirama, “Lost”, metà in inglese, come l’originale, e metà in italiano. Poi tocca a “Quello che sembra”, song ripescata dal primo album Cosa Sembra, che lascia emergere le sonorità più drammatiche, cupe e dark della band. Infine un brano inedito che farà parte del nuovo disco, “War”. Un brano contro la guerra, che nella versione in studio – ci racconta la Daino – contiene un brano del celebre discorso di Martin Luther King “I have a dream” e che invece dal vivo ci regala una sofferta e intensa interpretazione soprattutto sul ritornello che recita, nella traduzione dall’inglese: “quando gli adulti giocano alla guerra, i bambini muoiono davvero. Quindi scegliete, se stare dalla parte di chi è colpevole, oppure dei vostri figli”. I Pivirama scendono dal palco per lasciare il posto al set successivo.
“Questo palco è magico, c’è un’atmosfera così intensa e sofisticata…mi sembra di essere a New York”, commenta a caldo Raffaella Daino, visibilmente emozionata ma soddisfatta della sua prova, che conferma l’ottima impressione che avevamo avuto di lei anche al Premio Daolio di Sulmona, quando si era presentata in versione acustica (voce e chitarra) accompagnata solo da un pianista.



Il sipario si chiude per riaprirsi pochi minuti dopo per accogliere Shana Morrison (nella foto sopra), ovvero la figlia del grandissimo Van “The Man”, potente e profonda voce blues d'oltreoceano impreziosita e contaminata dal sound delle sue origini irlandesi (il padre è nato a Belfast). Seguendo le orme del padre e lasciandosi trasportare dalla magia del blues la cantante californiana ha dato vita a un pop fatto di blues e rock contaminati da country, R&B, soul e jazz, conquistando in pochi anni ampi i consensi della critica e i palchi dei più importanti club americani.
Approdata a Roma dopo un lungo tour attraverso Stati Uniti e Europa, dopo tanti duetti con il padre Van e tanti concerti in cui ha diviso il palco con artisti quali Bonnie Raitt, John Lee Hooker e Dr. John, e dopo aver aperto i concerti di Lyle Lovett, Joe Cocker, Michael MacDonald, John Hyatt, Keb Mo’ e Bob Weir. In scaletta ci sono brani tratti dai 5 album realizzati in 13 anni di carriera, da quello di debutto, “Caleidonia” (uscito con la sua stessa etichetta nel ’98), da cui ha tratto la ballata “Sweet Thing”, ad “Everybody’s angel” del 2000, seguito nel 2002 dal terzo lavoro “7 Wishes”, uscito per Vanguard Records fino all’ultimo “Joyride” che ha visto la luce nel 2010 passando per "That’s what I am” uscito nel 2006 (il quarto album) da cui estrae “Strong On You”. Una performance trascinante che conquista il pubblico per oltre un’ora e mezza, grazie ad una voce ruggente e potente e ad una band formidabile, quella dei toscani Lou and The Blues, ovvero Lou Leonardi alla chitarra, Matteo Addabbo alle tastiere, Gianni Cerone alla batteria, Piero Paolini al sax e Giulia Gal ai cori. Musicisti che Shana ha scelto per i suoi concerti in Italia e che in più occasioni ha portato con sé anche oltreoceano.

In conclusione ci sentiamo di appoggiare pienamente questo esperimento (che certamente non è il primo e non sarà neppure l’ultimo), di voler affiancare una giovane emergente del panorama italiano con un nome (e anche un cognome in questo caso) di grande notorietà internazionale, una formula che se sperimentata con intelligenza e sensibilità non mancherà certo di suscitare ancora l’interesse del pubblico e degli addetti ai lavori che seguono la musica originale di qualità.

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