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Recensioni |
Pubblicato il 20/02/2019 alle 09:29:05 | |
Stanza singola: l’album di debutto da solista di Franco126
Dopo il successo ottenuto in duo con Carl Brave, Franco126 debutta da solista con un progetto molto curato. Due nostri giovani lettori, hanno chiesto di recensirlo: Antonio Porcelli, sassofonista campano, e Antonio Passaro, appassionato di musica.
Dopo il successo ottenuto in duo con Carl Brave, Franco126 debutta da solista con un progetto molto curato. Due nostri giovani lettori, hanno chiesto di recensirlo:Antonio Porcelli, sassofonista campano, e Antonio Passaro, appassionato di musica.
Cosa rappresenta questo album per la musica rap pura e cruda in Italia? Assolutamente niente potrebbe essere la risposta immediata.
Se la domanda invece fosse: Cosa rappresenta questo album nel panorama musicale urban?
La risposta sarebbe certamente diversa.
Federico Bertollini, in arte Franco126 (come i gradini della scalinata di viale Glorioso a Trastevere), si era già fatto notare nel 2017 con Polaroid che segnò l’esordio in coppia con Carl Brave; a ottobre 2018 è uscito il primo singolo da solista.
Il pezzo si chiama Frigobar e presenta sonorità senza tempo e un’atmosfera malinconica.
L’artista cresce, imponendo il suo hype. In poco tempo riesce a catalizzare intorno a sé un’attenzione enorme, aumenta l’aspettativa per i fruitori di musica indie ma, allo stesso tempo, il singolo seduce anche i non addetti al genere.
Insomma, senza dubbio, il merito di questo album è quello di aver creato un punto d’incontro per un vasto pubblico che proviene da mondi musicali diversi.
In questo progetto si suona e lo si fa anche provandoci gusto. La qualità è alta e lo si nota già dal fatto che non tutti gli strumenti sono campionati.
Armonie ricordano vecchie ballads italiane e americane.
Una chitarra fa da sfondo a tutti i brani e questo ci fa tornare indietro nel tempo. Nella nostra testa si formano cartoline un po' sbiadite di quella che fu la musica cantautorale italiana.
San Siro, il pezzo d’apertura, richiama il classico giro armonico di un Baglioni anni ‘70.
Possiamo trovare un reggae puro nel brano Brioschi.
Non ci deve sfuggire che in pezzi come questo, ma anche in Parole Crociate e Ieri L’altro, le armonie sono spesso minori, il che è tipico di arie malinconiche.
Questa triade ha un altro punto in comune: la ritmica non entra prima dei ‘50 secondi, questo testimonia l’effetto De Gregori, chitarra e voce, senza utilizzare beat d’avanguardia.
Una tromba in sordina chiude il disco e questo vale il prezzo del biglietto.
Il finale si chiama Ieri L’altro, l’unico pezzo che non parla d’amore ma di un’amicizia che trascende il presente.
Sincero e accorato, sembra un cortometraggio. Risulta difficile rimanere indifferenti all’ascolto, coincidono l’originalità della prosa, l’evocazione di un ricordo sempre vivo e un’armonia sospesa che ci aiuta a giocare con la fantasia mentre procediamo nell’ascolto.
L’album è prevalentemente monotematico. L’amore si articola fra le scene che il protagonista, con il rarissimo dono della semplicità, riesce ad evocare.
Franco126 ci ha abituato nei lavori precedenti (anche più del suo collega Carl Brave) a scatti vivi, a spaccati di vita quotidiana, a momenti che tutti noi abbiamo vissuto. In questo disco potrebbe apparirci retorico e banale ma non è così.
Dieci tracce per dire dell’amore, in un giorno qualunque, non è un approccio scontato.
Ci sono il dolore e la disperazione nei testi di “Stanza singola” ma ci sono anche il sogno e la voglia di riscatto.
I forse e i perché, l’impossibilità di trovare le parole giuste, l’essere troppo fantasioso per vivere nella realtà, la classica contraddizione che gli uomini vivono nelle situazioni amorose, pentimenti e nostalgie, un perenne colpevolizzarsi per la fine di un rapporto, notti insonni e ricordi, un metamorfismo che solo l’amore sa compiere magicamente, uno spiraglio portato dalla speranza divampante che nulla è mai perduto, ci offre il dipinto nella sua interezza.
Questi colori mostrano un Franco romantico, inquieto e desiderante, sconfitto ma mai rassegnato, sofferente ma vivo.
Forse un lavoro del genere fa storcere il naso a chi si aspettava qualcosa di più in ambito rap ma la prosa poetica da nuova generazione e le sonorità sospese e nostalgiche lo promuovono a pieni voti.
Un esordio di altri tempi ai giorni nostri.
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